“Ti amerò fino ad ammazzarti” è un film di Lawrence Kasdan, girato negli anni novanta negli Stati Uniti. A primo sguardo sembra una commediola superficiale, piena di clichè sugli americani e sugli italiani immigrati ma in maniera tagliente e sottile, mette profondamente in discussione la mancanza di valori che svuotano le nostre relazioni affettive e la nostra cultura.
Questo film rappresenta un pò il prosieguo di un film italiano molto importante, girato da Pietro Germi nel 1961, “Divorzio all’italiana” e che critica apertamente le legge sul diritto d’onore; non a caso le co-protagoniste (le mogli) dei rispettivi film, si chiamano entrambe “Rosalia”.
Nel film di Kasdan, il protagonista “Joe” è un pizzaiolo adultero, padre di buona famiglia che dichiara di amare la propria moglie ma di tradirla almeno “cinque sei volte a settimana” e questo perchè lui del resto è “masculo” e, il “masculo”, quello vero, sente di essere un uomo virile solo se tratta la moglie come una serva e la riempie di corna.
Rosalia invece è una mamma che lavora e lo ama profondamente e non si lamenta se il marito la tratta così: Joe è un uomo onesto e un bravo lavoratore (del resto lavora tanto quanto lei, ma lei, in primis, non considera se stessa importante tanto quanto lui) e per questo lo giustifica ed è contenta di servirlo e riverirlo. Rosalia è cieca, non vede i tradimenti e le disparità ma cosa peggiore, le giustifica; nonostante tutto il contesto intorno a lei sussurri dubbi e sospetti, offrendole l’opportunità di aprire gli occhi.
Rosalia alla fine lo scopre e decide di ammazzarlo, perchè – come la madre stessa le spiega- “uccidere per adulterio è un dovere e nessuno lo scoprirà mai perchè siamo in america e in america uccidere è uno sport nazionale”(op cit.film).
Nel film, infine, l’omicidio non avviene date una serie di rocambolesche situazioni ma la cosa più interessante è che Joe, con incredibile sorpresa, perdona la moglie per il fatto che – e qui si manifesta tutta la perversione dei legami patologici- Rosalia, desiderando ucciderlo, ha dimostrato al marito tutto il suo amore attraverso questo gesto passionale estremo: ella lo ama, lo ama in modo così passionale che è disposta ad ucciderlo e finire in prigione. Da qui deriva il titolo del film che, intenzionalmente mette in ridicolo tutti gli stereotipi retrogradi delle relazioni sentimentali di cui la nostra cultura è ancora oggi permeata, legittimando passioni estreme e senso di possesso egoistico, intesi come indice di misurazione dell’intensità “dell’amore” che il partner nutre per noi.
Kasdam e Germi vanno oltre la semplice questione femminile e maschile e mischiano i ruoli di vittime e carnefici, attaccando direttamente l’ipocrisia del tessuto sociale in cui vivono queste malsane credenze.
I registi mettono completamente in ridicolo i ragionamenti assurdi con cui i protagonisti si giustificano e li trasformano in caricature grottesche: essi non si comportano come amanti travolti dai sentimenti ma come portatori di un pensiero e una mentalità profondamente criminale.
I love you to death” (traduzione inglese titolo originale: ti amo da morire oppure ti amo alla follia)
Con un colpo di satira e uno di commedia, Kasdam e Germi contestano e mettono alla berlina, l’ipocrisia della relazioni affettive tossiche, l’uso indiscriminato delle armi e la manipolazione del sistema giudiziario a proprio vantaggio.
I clichè descritti in questi film, ormai, più di cinquanta anni fa sono ancora tremendamente attuali, basta aprire le pagine di un qualsiasi giornale ogni mattina per leggere di omicidi, raptus e denunce di violenze mai ascoltate. Senso del possesso, gelosia e mancanza di rispetto sono le basi delle relazioni tossiche; basi su cui si innestano comportamenti aggressivi (anche verbali) molestie e maltrattamenti e trascuratezza affettiva.
Per secoli e secoli siamo stati convinti che la passione amorosa fosse la manifestazione di un affetto profondo invece al contrario rappresenta l’anticamera del maltrattamento.
Maltrattamento da cui poi è difficile tornare indietro e quasi impossibile chiedere aiuto perchè la “sposa cadavere” rimane muta; mentre le parole di Mastroianni protagonista del film di Germi, risuonano forti ed emblematiche: gelido monito agli spettatori e, per tutti noi che, assistiamo inermi, ogni giorno a questi omicidi.
“In questo angolo di Sicilia (o di Italia, citaz. mia) non sono pochi i defunti per motivi d’onore.(o d’amore patologico)…Povera Rosalia, non te lo meritavi…non te lo meritavi… Ma io so che adesso riposi…. riposi assieme ai i tuoi piccoli, ingenui sogni.
Davvero Rosalia io ti ho amata… ma tu eri troppo… troppo …e mi chiedevi quanto mi vuoi bene…”.
“I love you to death”
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